La vicenda prende avvio da due procedimenti disciplinari avviati dall'ASUR Marche nei confronti di un dipendente. Il primo procedimento (n. 3/2016) era stato instaurato in seguito alla presentazione di due esposti alla Procura della Repubblica da parte del lavoratore, ritenuti lesivi dell'onorabilità della dirigenza aziendale. Il secondo procedimento (n. 8/2016) riguardava invece un’accusa di falso materiale nel rilascio di copie autentiche di documenti.
A fronte dell'apertura del procedimento penale a carico del dipendente per il reato di falso, l’ASUR aveva disposto la sospensione cautelare dal servizio e la sospensione del procedimento disciplinare n. 3/2016, in attesa dell’esito del processo penale relativo ai fatti del procedimento disciplinare n. 8/2016. Tuttavia, il dipendente veniva assolto nel processo penale con formula piena perché il fatto non sussisteva. Nonostante ciò, l’ASUR riapriva il procedimento disciplinare n. 3/2016 e disponeva una sanzione di sospensione dal servizio e dalla retribuzione per sei mesi.
La Decisione della Corte d’Appello
La Corte d’Appello di Ancona aveva confermato la legittimità dei provvedimenti adottati dall'ASUR, ritenendo che la sospensione cautelare fosse giustificata dalla gravità dei fatti contestati e dalla necessità di tutelare l’immagine dell’amministrazione. Inoltre, aveva escluso l’applicabilità della normativa sul whistleblowing (art. 54-bis del D.Lgs. n. 165/2001), sostenendo che l’azione del dipendente non fosse finalizzata alla denuncia di illeciti nell’interesse pubblico, ma piuttosto a una contestazione personale nei confronti dell’amministrazione.
La Pronuncia della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore, ritenendo che la sospensione cautelare dal servizio fosse illegittima, in quanto disposta nell’ambito di un procedimento disciplinare che non riguardava i fatti oggetto del procedimento penale. Secondo i giudici di legittimità, l’ASUR avrebbe potuto sospendere il dipendente solo se il procedimento disciplinare fosse stato connesso direttamente con il procedimento penale in corso, condizione che non sussisteva nel caso di specie.
La Cassazione ha ribadito che la sospensione cautelare è una misura eccezionale e non può essere adottata in assenza dei presupposti previsti dalla normativa e dalla contrattazione collettiva. Inoltre, ha sottolineato che le disposizioni in materia di whistleblowing non possono essere disapplicate solo sulla base della valutazione soggettiva dell’amministrazione circa le motivazioni del dipendente, ma devono essere analizzate alla luce del contenuto delle segnalazioni effettuate.
Considerazioni Finali
Questa sentenza assume particolare rilievo perché chiarisce i limiti entro cui il datore di lavoro pubblico può adottare provvedimenti cautelari nei confronti dei dipendenti. La Cassazione conferma che la sospensione cautelare può essere disposta solo in presenza di un nesso diretto tra i fatti contestati nel procedimento disciplinare e un procedimento penale pendente. Inoltre, la pronuncia riafferma la tutela del dipendente segnalante ai sensi dell’art. 54-bis D.Lgs. n. 165/2001, contrastando un’interpretazione restrittiva che potrebbe disincentivare la denuncia di illeciti nella pubblica amministrazione.